NAPOLI EDEN

Napoli Eden è un progetto artistico ideato e realizzato dall’artista Annalaura di Luggo, sostenuto da CIAL e patrocinato dal Comune di Napoli, inaugurato lo scorso 7 dicembre 2018 nel capoluogo partenopeo.

L’idea alla base dell’iniziativa è quella della disseminazione in piazze, strade, vicoli e luoghi storici della città, di quattro opere d’arte realizzate con scarti di alluminio, portati alla vitalità artistica e sottratti quindi alla fusione in fonderia.

Si tratta di un esperimento nato per trasformare l’alluminio e altri materiali manipolabili, in opere d’arte, colorate e illuminate, che sfidano l’architetturalità, in una idea di barocco contemporaneo, con l’intento di superare le differenze fra centro città e periferie, parlando di una grande e diffusa centralità, che tenda ad abolire il concetto stesso di periferia.

L’operazione artistica si compone di “frammenti” di un giardino simbolico fatto di alluminio. Con Napoli Eden l’artista Annalaura di Luggo si ripropone di irradiare nelle piazze di Napoli opere scintillanti, come in nuovo nuovo big bang: da qui parte l’idea di nascita e rinascita.

Queste le piazze coinvolte, dove le installazioni sono state ammirabili e visitabili fino al 10 gennaio 2019:

  • Largo Santa Caterina
  • Piazza del Municipio
  • Galleria Umberto I
  • Largo Baracche

Queste installazioni hanno come “fil rouge” la rinascita della città di Napoli che, grazie alla luminosità restituita dall’alluminio, potrà risplendere agli occhi dei cittadini e dei turisti.
L’arte diventa così un linguaggio trasversale, con una funzione di sensibilizzazione sulle tematiche sociali: unmateriale di scarto diventa capace di dar luce ad una riflessione sul tema della rinascita e della responsabilitàcivile e sociale.

Di seguito la descrizione delle opere come raccontate dal curatore della mostra Francesco Gallo Mazzeo.

Opera I HARMÒNIA
Posizione: Largo Santa Caterina
L’opera si sviluppa con con tubi flessibili in alluminio colorati e luminescenti, con al loro interno dei fasci luminosi di luce RGB; è composta da 6 tubi dell’altezza di m. 3; il diametro di ciascun tubo è di 30 cm circa.

HARMÒNIA costituisce una metafora di tutta l’operazione artistica, ambientale, architetturale, di Napoli Eden, in quanto nella “finzione” dell’albero metallico si racchiudono i motivi fondanti diun’opera d’arte, concepita con criteri poetici, di cui sono componente fondamentale gli scarti dei processi produttivi (nel caso in questione quelli dell’alluminio che accompagna la nostra vita quotidiana, diventando quasi invisibile, tale è la sua endemia nella nostra vita e nel nostro tatto). Scarti produttivi che sono i pa-renti “poveri” delle raccolte differenziate, in quanto surplus degli stampi, oppure errori produttivi e per questo si presentano con un lindore che nessuna discarica, seppur differenziata ed efficiente, può assicurare. Un’alberatura verticale: il messaggio è quello positivo che ogni nostra azienda può produrre positività e che gliscarti sono ricchezza che utilizzata nel linguaggio alto dell’arte, diventa esemplare e stilistica.

Opera II
TRÌUNPHUS
Posizione: Piazza Municipio
Quest’opera segue criteri architetturali ed estetici coerenti con la struttura concettuale di Napoli Eden. Si presenta come un grande cubo ricoperto discarti di alluminio di forte luminosità, della misura 4 mt x 4 mt – h 4 mt con un doppio ingresso (fronte e retro)
Sulla struttura di supporto in alluminio sono collocati detriti leggeri di alluminio e un’illuminazione nascosta rende il cubo luminoso sia dall’interno che dall’e-sterno, connotandosi come un elemento di forte impatto scenografico.

TRÌUNPHUS è stato concepito come un luogo di transito, immaginario e reale,in cui gli scarti d’alluminio diventano una casa sui generis, un luogo di purificazione, con una sua precisa architetturalità che dialoga con il contesto di tutto l’ambiente, valorizzando la propria differenza che è anche un momento contemplativo dello sguardo che rallenta il tempo dell’attraversamento del luogo e lo rende più umano. Perché l’opera d’arte, come l’urbanità e l’architettura, rende familiare con i propri segni la nomenclatura della vita collettiva che è fatta di mille e mille singolarità, da una coralità che esalta la cultura dell’appartenenza e quella dell’accoglienza. Un’opera aperta, la possiamo definire, a cui ciascuno di noi dà il proprio contributo virtuale di completamento, che non è mai totale e trattandosi di una installazione provvisoria siamo convinti che lascerà un rimpianto, un dolce momento nella festa.

Opera III
PỲRAMID
Posizione: Galleria Umberto I
Un grande albero di Natale realizzato con scarti di alluminio sostituisce l’albero tradizionale posizionato ogni anno nella Galleria Umberto I e notoriamente rubato nottetempo o distrutto.
L’albero è realizzato con una resistente struttura in alluminio rivestita di filamenti di scarti colorati; ciò che è negletto si trasforma così in luce,simbolo di rinascita. L’illuminazione colorata parte dall’interno, potenziata dal carattere riflettente del materiale utilizzato per la realizzazione, trasformandosi in elemento di luce, indicazione, cometa. Misura: base 3 mt x h 8 metri
L’albero è “addobbato” con la collaborazione di bambini e ragazzi dei Quartieri Spagnoli, al fine di coinvolgere ed indirizzare la creatività dei più giovani e dare l’opportunità di sentire proprio, come in famiglia, l’Albero offerto alla città attraverso una grande performance artistica.

PỲRAMID è la mimesi di un Albero di Natale geometrico, non è pernulla concorrenziale con l’albero tradizionale, però aggiunge un’idea di rispetto della natura di doppio significato, che tratteggia le orme di un mondo rispettoso di se stesso, perché tutto si tiene, in una speciale produzione di ossigeno che non è meccanica, ma concettuale diuna terra che non deve andare perduta, ma che deve entrare nella mentalità che tutto si trasforma e in questo divenire, può stare il divenire di tutti noi. Sulla sua sommità ci può anche stare una stella cometa che indichi una strada, in quello che è il salotto maggiore della napoletanità di sempre e di quella nuova. Anche perché non c’è altra via per saldare tradizione e innovazione, perseverando e rinascendo si porta l’arte, la creatività a disposizione di tutti e questa piramide, albero, simbolo arcano per molti versi che riporta in versione augurale a ridestare l’idea di una città confortevole anche dove la fa da padrone il freddo metallo, perché conta l’idea.

Opera IV
GÈMINUS
Posizione: Largo Baracche
L’opera contiene riferimenti al progetto Occh-IO/Eye-I che l’artista sta portando in tutto il mondo, in particolare con Blind Vision, progetto già esposto all’ONU nell’ambito di una mostra personale durante la conferenza mondiale della disabilità.
Un quadrilatero di 150 cm per lato ed una altezza di circa 250 cm contiene fori comunicanti tra loro alternando luce e buio. Quattro di questi fori contengono dei grandi occhi, secondo la poetica cara all’artista.
Con un innovativo processo fotografico che cattura l’iride, l’artista ha immortalato gli occhi di alcuni residenti del quartiere. Così i 4 occhi sono i custodi dell’opera. Gli occhi invitano ad una diversa chiave di lettura, a stimolare una nuova visione della città al di là di ogni pregiudizio. Napoli emerge attraverso l’innocenza di una nuova visione e dallo scarto, dal rifiuto, da ciò che è apparentemente degrado, rinasce in un nuovo possibile Eden. NAPOLI EDEN, appunto.

GÈMINUS è l’esito plastico, oggettuale, di una grande performan-ce umana, artistica, avvenuta con la macchina fotografica fissata sugli occhi di chi può vedere, per diventare, abitando il luogo,esibizione visibile, forma misteriosa di una affermazione della luce, dell’ombra, in una vicenda umana che accomuna elementi di tragedia e di dramma esistenziale, anche se poi il tutto si può trasformare in diversi modi di rapportarsi col mondo, attraverso il tatto, l’olfatto, l’udito e una pellicolarità che godendo del verde, del giallo, del blu, riesce ad essere una umanità completa, di pregi e difetti, di slanci e di virtù, esattamente uguale a quella che s’affaccia nei vicoli che danno su questa bella piazza. Diventata installazione, con una base caotica di fragmenta alluminici, schiacciati e pressati, diventa postazione di unione comune, tenuta da conto dagli stessi intermediari, perché fatta dopo averli consultati e fotografati, per avvalorare l’uscita dal non esserci, nell’esserci.