L’ALLUMINIO SALVA LE TARTARUGHE

Ogni anno sono oltre 130 mila le tartarughe marine Caretta Caretta che nel Mediterraneo rimangono vittime di catture accidentali da parte dei pescatori professionisti.
Circa 70.000 abboccano agli ami utilizzati per la pesca al pesce spada; oltre 40.000 restano intrappolate nelle reti a strascico e circa 23.000, invece, rimangono impigliate in quelle da posta, per un totale di 133.000 catture con oltre 40.000 casi di morte.
Numeri impressionanti e peraltro decisamente sottostimati.

Per cercare di limitare questa ecatombe scendono in campo gli stessi pescatori professionisti che, grazie al progetto TARTALIFE, finanziato dal programma Life+ della Commissione Europea e coordinato dall’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Ancona, potranno tramite innovativi sistemi per la riduzione delle catture accidentali, dare un contributo concreto alla salvaguardia di questa specie protetta da Convenzioni Internazionali, Direttive Comunitarie e Leggi Nazionali.

L’impatto della pesca professionale sulla tartaruga marina è dovuto principalmente a quei Paesi che si affacciano direttamente sul Mediterraneo che sono responsabili per l’83% del totale delle catture accidentali chiamate anche bycatch. I dati di cattura degli ultimi anni, le testimonianze dei pescatori e l’aumento degli interventi dei Centri di Recupero lungo le coste italiane, testimoniano dunque la necessità di arginare tale fenomeno, che determina il ferimento o l’uccisione di molti individui e ostacola la conservazione della specie, in preoccupante declino nel Mediterraneo.
Saranno le 15 regioni italiane che si affacciano sul mare ad essere coinvolte in TARTALIFE il cui obiettivo principale è la riduzione della mortalità della Caretta Caretta e dunque contribuire alla conservazione della specie nel Mediterraneo, attraverso 2 obiettivi specifici: riduzione delle catture accidentali effettuate con palangari, reti a strascico e da posta; riduzione della mortalità post cattura delle tartarughe marine. 

TARTALIFE sperimenterà in alcune delle marinerie italiane un dispositivo meccanico denominato TED (Turtle Exculder Device – letteralmente Meccanismo di esclusione della tartaruga) già diffuso in molti paesi oltre oceano per la pesca dei gamberi. Si tratta di una griglia, in ALLUMINIO, materiale scelto per la sua leggerezza e praticità, cucita all’interno della rete (prima del sacco terminale) che ha il compito di sbarrare la strada alla tartaruga ma non al pesce.
Le tartarughe urtando contro il TED ritroveranno la libertà attraverso un’apertura della rete chiusa da un altro panno di rete cucito solo parzialmente. 

Inoltre, per ridurre la cattura accidentale delle tartarughe dovuta ai palangari il progetto TARTALIFE promuoverà l’uso degli ami circolari in tutte le marinerie italiane interessate da questo tipo di pesca. È dimostrato infatti che utilizzare gli ami circolari in sostituzione dei cosiddetti ami a “J” tradizionali, riduce di circa il 70% la cattura degli esemplari di Caretta Caretta senza alterare l’efficienza di cattura delle specie bersaglio (pesce spada e tonno). La particolare conformazione circolare, inoltre, rende più difficile l’ingestione dell’amo stesso da parte della tartaruga, riducendo drasticamente la mortalità indotta da questi attrezzi. Inoltre, rimanendo impigliato solo superficialmente, l’amo può essere agevolmente rimosso dai pescatori, che in questo modo potranno contribuire alla salvaguardia della specie con delle semplici operazioni da svolgere direttamente a bordo dell’imbarcazione. 

Per evitare le interferenze delle tartarughe con le reti da posta, invece, il progetto TARTALIFE sperimenterà un dispositivo elettroacustico denominato STAR (Sea Turtle Acoustic Repellent) il cui funzionamento è identico a quelli messi a punto per tenere lontani i mammiferi marini dalle attività di pesca. L’uso è molto semplice: basta posizionarlo sulla rete e al contatto con l’acqua comincerà a funzionare emettendo dei segnali acustici nel range di frequenze udibili dalle tartarughe. In questo modo si ipotizza che le tartarughe saranno in grado di identificare ed evitare lo sbarramento rappresentato dalla rete. La sperimentazione avrà inizio con dei test in acque confinate con la collaborazione di Fondazione Cetacea, per migliorare lo stato delle conoscenze sulle risposte comportamentali delle tartarughe ai segnali acustici dello STAR e si completerà con delle sessioni in mare Adriatico al fine di verificare se il funzionamento dello STAR sarà ininfluente nella redditività dell’attività di pesca.

Un’altra iniziativa finalizzata a ridurre le catture accidentali con le reti da posta è la sperimentazione di una nassa di nuova generazione, già utilizzata con successo nel nord Europa per la pesca al merluzzo ma mai prima d’ora nel Mediterraneo. Il successo della sperimentazione in termini di redditività, riduzione del bycatch ed eliminazione del problema della depredazione del pescato da parte delle tartarughe potrebbe favorire, in un prossimo futuro, l’adozione di questo attrezzo in sostituzione alle reti da posta, almeno in alcune aree e periodi.

Per limitare la mortalità post cattura verrà invece potenziata la rete dei Centri Recupero Tartarughe Marine che operano lungo le nostre coste con interventi che prevedono: il potenziamento dei centri già esistenti, l’apertura di nuovi punti di primo soccorso e l’aggiornamento professionale degli operatori veterinari chiamati quotidianamente ad intervenire anche su nuove problematiche e nuove patologie. Ai pescatori professionali si chiede uno sforzo in più: arrivare in breve termine alla riduzione del tasso di mortalità degli esemplari di Caretta caretta che finiscono nelle reti. Un’alleanza tartarughe-pescatori. 

via ansa.it